Intervista al Maestro De Rose

9 Dicembre 2009 Off Di DeRose Method Parioli
Video dell’intervista registrata a Lisbona
Trascrizione dell’intervista concessa al giornalista António Mateus, nel Palazzo Pestana, a Lisbona, nell’anno 2009, trascritta da Alexandre Montagna e simultaneamente da Renata Coura e Maicon Casagrande, con la collaborazione di Caio Martareli, Priscila Ramos, Raffa Loffredo, Taline
Mendes, Rômulo Justa e Alessandra Filippini.

Una volta trascritto, il seguente testo è stato rivisto e convertito da linguaggio parlato in linguaggio scritto. Alcuni estratti sono stati cancellati o inseriti a beneficio di una migliore comprensione.

Maestro, la sua Cultura promuove un individuo più lucido, più cosciente, che interviene di più nella società. E’ giusto?
La proposta è questa. La proposta è che, attraverso un insieme di tecniche e di concetti, possiamo elevare una persona comune ad uno stato di coscienza espansa. Ora, se questa meta viene raggiunta o no dipende da una concomitanza di fattori. Tra questi, la genetica stessa dell’individuo. E, tra quelli controllabili, dalla dedizione e dall’investimento di tempo nella pratica di questa filosofia, così come l’ambiente in cui la persona vive. Perché in gran parte dipenderà dal bagaglio culturale che la persona porta con sè, dalla professione che esercita, dall’età in cui ha iniziato.
E’ possibile scolpire un individuo differente, che intervenga di più nella società?
Ogni individuo è una realtà differente. Quindi, per esempio, la stessa tecnica di ossigenazione cerebrale avrà reazioni differenti da un individuo all’altro.
Ma lei ha un intento, ha una meta che vuole raggiungere nel realizzare la scultura di questo individuo?
Sì. La meta che vogliamo raggiungere è concedere a questo individuo uno stato di ipercoscienza, uno stato di mega-lucidità. Che, a dire il vero, è la direzione verso la quale l’Umanità si sta dirigendo.
Poiché le società dei nostri giorni non hanno un profilo né di un individuo né di una società così, la sua Cultura può essere la proposta che manca. Questo individuo, ovviamente differente, più lucido, più cosciente, che impatto reale ha nella società? E in cosa egli può fare la differenza?
Quando una persona possiede più lucidità, la prima cosa che succede è che egli svolge meglio il suo lavoro, la sua funzione nella famiglia, il suo impegno in qualunque ideale, politico, umanitario, filantropico, artistico, qualunque esso sia. Ed, inoltre, egli si sente integrato. Perché quando un individuo non ha ancora una coscienza piena, pensa che il mondo si divida tra sé e gli altri. Nel momento in cui la coscienza si espande, egli percepisce che non esiste questa divisione tra “io” e gli “altri”. Siamo tutti una cosa sola, siamo tutti interconnessi, non solo all’interno della specie umana, ma tra tutte le specie e con lo stesso pianeta, con lo stesso Universo. E questo stato di coscienza espansa è realizzabile. Ma, generalmente, quando una persona menziona la sua pretesa, la sua intenzione di raggiungere tale stato di coscienza, un’altra persona che non abbia idea di cosa si tratti, che non abbia letto a riguardo, che non abbia studiato, che non si sia chiarito, lo può considerare come un ideale irrealizzabile, come una fantasia. La realtà è che molte persone sono già approdate a questo stato di coscienza.
Questo stato di ipercoscienza, di lucidità, in che cosa si traduce nel quotidiano?
Nel quotidiano si traduce in una partecipazione oggettiva, che noi chiamiamo azione effettiva. Poiché molte persone hanno iniziativa, ma poche hanno prospettive. Allora, una delle cose che una coscienza maggiore, una lucidità maggiore ci concede, è renderci conto che non è solo la parola, non è solo l’intenzione, che dobbiamo perseguire. È necessario avere iniziativa, ma anche la prospettiva, il risultato finale, per la vita di questo individuo, per la sua famiglia, i suoi amici, per i suoi nemici, per tutta la società, per la responsabilità sociale, per la responsabilità ambientale. Vale a dire che egli espanderà la sua competenza, cesserà di essere un povero, cesserà di essere un individuo che non è ascoltato, che non ha voce in capitolo. Egli passa ad essere una persona che agisce e che modifica il mondo in cui vive. E poiché questa persona, in generale, è una persona che ha nobili ideali, nel modificare il mondo in cui vive, lo modifica migliorandolo.
In che modo la sua cultura agisce su un individuo? Di che strumenti dispone per raggiungere questa meta?
La Nostra Cultura. Io la definisco “Nostra Cultura” perché è un insieme di concetti, è una filosofia, è un sistema di vita. Questa Nostra Filosofia, questa Nostra Cultura, si propone di agire sull’individuo attraverso una rieducazione comportamentale progressiva e spontanea. Non siamo a favore dell’indottrinamento, di conseguenza, l’indottrinamento è escluso. Allo stesso modo non siamo a favore della repressione. Senza indottrinamento e senza repressione, il cammino migliore è l’esempio. E’ la convivenza. E’ quello che noi chiamiamo egregora. E’ il convivere con il potere gregario di un gruppo che è già dedicato a questi ideali. E, a partire da qui, i concetti sono incorporati con molta più facilità. Per quanto riguarda le tecniche, questa è già una questione di impegno individuale nel praticare, nell’allenarsi.
Si può comparare questo tipo di intervento all’accordatura di un’orchestra? Mettiamo insieme i violini, i flauti, e facciamo sì che assumano un comportamento nella stessa direzione?

Certamente lo è. Creiamo una sincronia tra tutti gli elementi che ci costituiscono come essere umano. Non solo il corpo e la mente, ma il corpo fisico, emozionale, mentale, intuizionale e infine, tutti gli elementi che compiono una sinergia, come lei ha ben esemplificato, come un’orchestra. Poi, andiamo a considerare ciò che va al di là dell’individuo. Noi vogliamo che il nostro praticante non si limiti ad operare nel suo piccolo mondo, nel suo universo personale. Quindi, andando oltre, questa orchestra passa ad essere l’orchestra della famiglia, l’orchestra del lavoro che svolge, l’orchestra della sua arte, di tutti gli elementi, le persone, gli individui, le circostanze di quell’ambiente. E quando si va ad ampliare il proprio campo di attuazione, si arriva a capire che il mondo è molto piccolo, perché si possono raggiungere le persone attraverso veicoli diversi. Una volta, era attraverso la scrittura, attraverso i libri, prima ancora con le pergamene. Oggi siamo in grado di raggiungere le persone mediante mezzi elettronici, noi possiamo stare davanti al nostro computer a digitare e nello stesso momento possiamo essere letti o contattati da persone di tutto il mondo.

Carl Sagan difende, di contro, un soggetto che è contaminato dalla società, che è inquinato dalla società. La Sua Cultura promuove il contrario.

Promuove un individuo attivo, cosciente, che interviene nella società.
Io concordo con lui. La società corrompe l’individuo. Ma l’individuo ha il potere di risanare la società. Questo parte dal presupposto che realmente si percepisca che la società ha questo potere, che tutto l’ambiente culturale in cui la persona vive ha un potere su di noi. Di fatto, noi siamo prodotti, siamo frutti dell’ambiente, della cultura in cui siamo stati educati, nella quale viviamo. Se abbiamo coscienza di questo, di questo potere che l’ambiente ha di contaminarci, e ci rifiutiamo di accettare passivamente questa corruzione, allora possiamo invertire questo processo e passiamo ad influenzare la società, la cultura ed il mondo in cui viviamo.
Questa contro-corrente di un soggetto attivo e non passivo, va di pari passo con quello che ha detto all’inizio, che è la prospettiva di un individuo più lucido, più consapevole. Questa lucidità ha anche a che fare con il fatto che l’individuo diventa consapevole di come l’influenza esterna può essergli dannosa, è così?
È così. Ma dobbiamo ricordare che questa proposta, anche se rivoluzionaria in termini di comportamento, non è aggressiva, nel senso negativo del termine. Non è violenta. Ora, non stiamo andando contro ciò che è già stabilito, non vogliamo che la gente semplicemente cambi e adotti la Nostra Filosofia. La proposta è questa: che alcuni individui, che già la pensano in questo modo, non si sentano una specie rara. Che questi individui sappiano che ci sono altre persone che la pensano nello stesso modo. E, allora, noi possiamo riunirci, mettendo in comune lo stesso ideale e condividendo le idee, i concetti, le pratiche, il modo di vivere, la maniera di costruire le amicizie, costruire le relazioni affettive, in una forma che noi definiamo, che noi consideriamo, più civilizzata, che è molto più affettuosa, più tollerante.
Una volta una giovane studente del nostro Metodo, ci scrisse una bella lettera che concludeva dicendo: “Sono sempre stato il jolly nel mazzo di carte e ora ho trovato un mazzo, dove tutte le carte sono jolly”.
La Vostra Cultura porta non solo una proposta interiore, per l’individuo, ma anche nel modo in cui egli si relaziona agli esseri umani che lo circondano, con il mondo fisico che lo circonda. C’è una nuova estetica e una nuova etica?
Senza dubbio, perché il concetto di interiore presuppone che vi sia una dicotomia tra interiore ed esteriore. E la Nostra Cultura non considera l’individuo, nè il mondo, come una cosa separata. Un corpo e un’anima, per esempio. Un antagonismo tra lo spirituale e il naturale, il fisico, il corporale. Quindi, riteniamo che interiore ed esteriore siano una cosa sola. Che essendo uniti, noi riusciamo a realizzare molto di più e molto meglio, ed in maniera più accurata, il nostro lavoro. Non servirebbe a nulla essere in grado di fornire una evoluzione personale ad un individuo, se questo non si ripercuotesse nella società, nel mondo, nell’umanità e nell’ambiente. Un livello di coscienza più elevato innesca inevitabilmente una nuova estetica e una nuova etica in relazione ai valori che sono attualmente in vigore. D’altro canto, nulla di ciò che annunciamo è nuovo.
Poiché i governi dei giorni nostri si preoccupano poco o niente circa il profilo dell’individuo, dato il fine della società di raggiungere, ad eccezione dell’essere nel piano puramente materiale, la resa dei conti finanziari, è necessario avere un nuovo sguardo sulla qualità l’individuo. E la sua proposta di Cultura risponde esattamente a questo. E’ un individuo più lucido e attivo, che sa dove vuole andare, vero?

Esattamente. E sempre sotto l’egida della tolleranza. Perché, se così non fosse, staremmo correndo il rischio di inventare una nuova religione, che non è assolutamente la nostra intenzione. La nostra è una proposta educativa, una proposta culturale, una proposta per elevare l’individuo ad un livello superiore di civiltà, di cultura, di educazione, di senso artistico, di sensibilità, e come lei ha detto prima, di etica e di etichetta pure. L’etichetta è una piccola etica. Intendo dire, noi abbiamo una grande etica, e abbiamo quell’etica, quell’etichetta applicata al quotidiano, nelle relazioni all’interno di una società specifica nella quale dobbiamo adattarci. Perché quando facciamo una proposta globale come questa, dobbiamo considerare che esiste una cultura cristiana, ma c’è anche una cultura indù, una cultura ebraica, una cultura islamica, e non possiamo creare una proposta che si adatti solo a una di queste culture.

Questo cambia completamente la dinamica del mondo che ci circonda. Quali opportunità si aprono?
Le possibilità sono molte e omnicomprensive. Ora, la realizzazione è sempre lenta, perché il cambiamento di paradigmi è molto difficile per gli esseri umani. I nostri circuiti neurologici sono stati progettati in modo che, dal momento in cui si è appreso un determinato concetto, uno specifico codice di procedura, non possiamo cambiare. E’ molto difficile cambiare. Così, quando trasmettiamo questo insegnamento, dobbiamo ricordare che esso è fondamentalmente un insegnamento per un pubblico giovane, adulto giovane . L’adulto giovane, è colui che è in servizio attivo, è colui che è immerso nella dinamica imprenditoriale, politica, artistica, insomma, in qualsiasi settore. E questa persona è anche in grado di elaborare una trasformazione nel suo modo di essere. E’ in condizione di assimilare una nuovo modo di agire. E chi possiede questa capacità è, a mio avviso, un giovane adulto.
Martin Luther King ci ha lasciato un sogno che aveva – “I have a dream”. John Lennon dipinse con la musica “Imagine all the people” , Nelson Mandela perse la sua libertà per quel sogno. Il De Rose visionario, in che modo configura questo sogno?

Io non userei il termine visionario. Perché il nostro lavoro è molto terra-terra, è molto oggettivo, si riferisce direttamente alla persona nel mondo in cui egli vive. E’ questo, senza soggettività, senza teorizzazioni, senza supposizioni. Ideali, sì. Ma all’interno di una cura molto grande perchè questi ideali non diventino fanatismo. Il fanatismo deve essere evitato. Ma l’intenzione è di trasmettere questi concetti affinché l’individuo possa applicarli nella società. Che non sia solo una bella proposta, un bel discorso, ma che egli realmente li applichi nella sua azienda e la faccia funzionare, modificando la struttura dell’impresa, modificando la gestione dell’impresa, rendendo ogni dipendente, ogni suo collaboratore, un individuo che abbia un valore, che abbia un potenziale, che abbia una creatività, che sia un essere umano. Non dal vecchio punto di vista di intendere il dipendente e il datore di lavoro come forze opposte in un tiro alla fune, ma facendo sì che tutti remino nella stessa direzione, verso il progresso individuale e, di conseguenza, il progresso della società.

Prendiamo ad esempio “Imagine” di John Lennon. Quando lei sogna un futuro, che cosa sogna? Che cosa vede alla fine di questo viaggio?
Nella canzone “Imagine” io vedo un credo. Perché ciò che egli propone è davvero rivoluzionario. Ancora mi sembra strano che non ci siano state reazioni più violente contro quelle proposte, perché Lennon esorta l’individuo a superare i confini della patria, i limiti delle frontiere. Questo ovviamente non piace per niente alla maggior parte della popolazione, dei governanti, dei poteri costituiti. Desiderare di essere tutti un solo popolo, una sola Umanità. E proponendo ” più nessuna religione”. Si poteva pensare che tutte le religioni avrebbero censurato l’audacia. Ma non è successo. La musica è bella e ciò che constatiamo è che la sua parola è stata accettata da tutti, anche da parte dei governi, dei poteri costituiti, delle religioni in generale. Alla gente è piaciuto il messaggio contenuto in “Imagine” perchè Lennon ha saputo esprimerlo con arte ed estetica.
Ma quando lei mobilita i suoi istruttori, la sua famiglia, la sua egregora De Rose, sta creando un futuro. Dov’è l’orizzonte che si configura al suo passaggio in questa vita?

Vedo, a breve termine, persone più felici e più sane, con una migliore qualità della vita. Perché questo è proprio ciò che le nostre tecniche forniscono. In primo luogo, una maggiore qualità della vita. A medio termine, vedo la prosperità. A lungo termine, l’autoconoscenza.
Una persona che abbia una migliore qualità della vita, che sia più tollerante, che sappia come trattare con gli esseri umani, che sappia come comportarsi con i suoi superiori o con i suoi subordinati, che sappia come trattare con i propri clienti, con i suoi fornitori, che sia in grado di gestire i rapporti con i suoi amici e la sua famiglia e le sue relazioni affettive, è una persona che ha pieno controllo. Questa persona diventa un leader. Un leader sereno, carismatico nel suo rispettivo ambiente. Poi, a medio termine, questo fornisce stabilità. Stabilità nella relazione affettiva, stabilità nella famiglia, stabilità nel lavoro. La conseguenza è la prosperità.
Io sono in questo cammino da mezzo secolo. Durante questi cinquant’anni di professione ho potuto osservare che di fatto le persone che seguono la Nostra Cultura, a medio termine, cominciano a guadagnare la stabilità, la prosperità, più felicità, maggiori aspettative di vita.
L’aumento dell’aspettativa di vita è dovuta alle buone abitudini che vengono proposte. La Nostra Filosofia insegna a non usare droghe, a non utilizzare l’alcol, a non fumare. E ad adottare sane abitudini. Questo, lungi dal rendere noiosa la vita, la rende invece più interessante, perché aumenta la propria lucidità, se non si è sotto l’effetto di alcuna droga. Quindi, se non si è sottoposti al giogo di alcuna di queste sostanze tossiche, che interferiscono con la coscienza, inevitabilmente, la persona è più felice, più lucida, percepisce il mondo in modo diverso e, di conseguenza, il mondo e la vita sono molto più divertenti. Questa persona è più felice. E, nel lungo termine, la proposta è quello stato di coscienza espansa, che porterà all’autoconoscenza.
Questo è l’obiettivo a livello individuale?

A livello individuale è l’autoconoscenza. Se un giorno tutta l’umanità potesse raggiungere questo stato, avremmo un’umanità molto diversa da quella che abbiamo oggi, perché oggi si utilizzano soluzioni drastiche. Possiamo constatare che, anche in questo momento, varie nazioni sono impegnate in conflitti armati. Quindi, se fosse possibile arrivare a che, se non tutta l’umanità, almeno quelli che hanno il potere di decisione, quelli che possono creare le leggi, quelli che possono dichiarare le guerre, se questi fossero in uno stato di coscienza superiore, più espansa, noi vivremmo in un mondo più armonioso. Perché oggi vediamo che spesso, in molti paesi, i governanti non vogliono il benessere e l’evoluzione delle persone. Dopo tutto, se il popolo diventa più lucido, è in grado di estrometterlo dal potere. Quindi considerando il nostro ideale, noi [l’Umanità] non siamo in un buon momento. E la prova di questo sono i tanti conflitti che osserviamo in varie regioni del pianeta. Ma se, passo dopo passo, gradualmente, senza alcuna intenzione di convertire nessuno, se a poco a poco questo funziona nel senso di una espansione per la popolazione in generale, io credo che veramente avremo nel prossimo futuro, un mondo molto differente.
Il XXI secolo è già diverso se si confronta la qualità della vita e il livello di coscienza, non solo di cultura, non solo di informazione, non solo di illustrazione, ma il livello di coscienza della maggior parte della popolazione, rispetto a 200, 500, 800 anni fa, siamo in una curva ascendente.
Si ritorna alle fondamenta della nostra esistenza nel libro “Mi ricordo”, come chi fa un passo indietro per bilanciarsi prima di un salto. Dove ci porta questo salto?
Il libro “Mi ricordo” è un racconto ambientato in un luogo, in un periodo, in una civiltà in cui, per quanto sappiamo dalla storia e dall’archeologia, la gente, il popolo, viveva in armonia. Il popolo teneva in conto la qualità della vita, il cittadino era rispettato. Non sono stati ritrovati edifici faraonici per i regnanti, né per il clero, ma bensì case molto confortevoli per la popolazione. Stiamo parlando di un periodo proto-storico, che viene subito prima dei registri storici. E gli storici hanno usato spesso l’archeologia, per essere in grado di ricostruire un poco della storia di quel popolo.
Stiamo parlando di 5000 anni fa, 3000 a.C.. E in questa epoca, questa civiltà, la cosiddetta Civiltà della Valle dell’Indo, aveva già città molto bene urbanizzate, pulite, aveva case del popolo con due piani e più, con atri per la ventilazione interna, il bagno in casa con acqua corrente. Ma questo, 3000 a. C., è qualcosa di incredibile. Gli stessi archeologi, quando facevano i ritrovamenti, erano preoccupati di comunicarli alle accademie delle scienze, per timore di essere considerati imprecisi.
Per questo le scoperte sono state comunicate gradualmente. Furono invitati altri archeologi provenienti da altri paesi perchè potessero constatare anche loro. Perché era davvero una civiltà eccezionale per l’epoca e anche rispetto ad alcune regioni attuali del nostro pianeta. Allora, tenga conto che l’ambiente su cui questa storia, questo racconto, questa finzione si basa, è quello di un popolo felice, di un popolo sano, di un popolo stabile, di un popolo prospero, entro i limiti del periodo storico. E tornando a quelle origini, diciamo molto vicine alle origini della civiltà stessa, possiamo imparare qualcosa da loro. Qualcosa che è stato perduto in seguito.
Le società primitive, non guerriere, tendevano tutte ad essere matriarcali (come nel caso della Civiltà della Valle dell’Indo) e nelle società patriarcali erano tutti guerrieri. Con l’invasione degli ariani nel 1550 a.C. fu introdotto il sistema patriarcale in quella regione. Sin dal passato più remoto il sistema patriarcale è stato tenuto in vita dalla guerra. D’altro canto, la società matriarcale, che privilegia la donna, privilegia l’affetto, privilegia il ventre, privilegia il seno, è un altro modo di vedere il mondo, un altro modo di gestire la famiglia, un altro modo di gestire lo Stato.
E senza guerra, queste persone, ovviamente, possono dedicare il loro tempo e le loro risorse economiche, all’arte, alla cultura, alla scienza, alla filosofia. Tutto questo senza repressione, perchè la società matriarcale, in generale non è repressiva. Quindi, senza repressione, immagini dove potevano espandersi gli impulsi artistici e culturali di quel popolo.
Nel libro “Mi ricordo” lei ritorna ad un passato onirico e poi ci trasporta in una realtà più concreta, in cui gli aspetti tangibili, come gli strumenti di scrittura, il linguaggio stesso, sono già misurabili. E’ quasi come se fosse una visione antropologica. Poichè lei non ci dà un punto di non ritorno, dove vuole portarci con questo viaggio?
Non dimentichiamo che ogni descrizione è una fantasia, perché in questo libro “Mi ricordo” io discorro sulle memorie di un passato, ma questo passato non è nulla di spirituale, è una storia. Poi, trasportando il lettore in quella realtà culturale, in quella civiltà, in quella maniera di essere, io sto suggerendo una riflessione all’individuo, circa la validità di quel modo di rapportarsi con i figli, con i genitori, con gli amici, con i nemici, con la persona amata. Dimodochè il contenuto del libro possa contribuire ad un miglioramento personale. Ora, dove sia il confine tra fantasia, finzione, mito e realtà, questo lascio che sia il lettore a scoprirlo.
Tuttavia, la seconda parte del libro, ha già un carattere quasi antropologico, non è più una pura finzione, vero?
La finzione a cui mi riferisco è la storia stessa. Ho utilizzato il massimo possibile di elementi concreti, di fatti reali, di dati storici, per costruire le fondamenta del racconto. Intravedo la possibilità che una persona, sia conquistata prima al cuore, perché l’inizio del libro è molto dolce, molto soave, poi è romantico, e poi è, diciamo, più filosofico. Nella parte finale si perde un po’ di dolcezza, perché nell’età matura torniamo ad essere più realisti. E’ la storia di una persona che cresce. Prima è bambino, e quindi ha una visione più fantastica del mondo. Poi diventa un adulto. In quel tempo si diventava adulti a 15 anni d’età, era l’età in cui si era già in grado di riprodurre, di costruire una famiglia. E invecchia precocemente, diventando un uomo intorno ai 30 anni di età. Così in questo momento, egli vede il mondo in modo più coerente, più attento, più cauto. E io cerco di trasmettere nel testo un po’ della nostra Filosofia, non molto, appena un poco, perché il libro è sottile. Si tratta di uno dei libri più brevi che abbia scritto.
Può essere più esile di spessore, ma io l’ho avvertito personalmente come l’elemento più provocatorio, perché si presta a varie letture.
Sì, inclusa anche una lettura sovversiva, nel senso buono del termine. Una lettura che sovverte le cattive abitudini e che sovverte la struttura della nostra società. Non con l’intenzione di smantellare nulla, ma nel senso di indurre la persona a riflettere: “Dopo tutto, questa proposta sembra interessante! Chissà, forse siamo in grado di adottarla? Proviamo, usiamola nella famiglia, usiamola con i nostri amici.
Così, per esempio, lei propugna, in uno dei suoi pensieri, la difesa della libertà come pilastro fondamentale della nostra esistenza e, quand’anche essa si scontrasse con la disciplina, lasciare che sia sempre la libertà a prevalere.
E’ piuttosto categorico. Esso proclama che la libertà è il nostro bene più prezioso.
Tuttavia, all’opposto, è necessario avere una disciplina interiore e esistenziale per difendere i valori. Dove è che queste frontiere si incocriano?

La continuazione di questo pensiero dice che se la disciplina vìola la libertà, bisogna scegliere la libertà. Come facciamo a temperare queste due forze? La disciplina è indispensabile, ma se la disciplina di un gruppo specifico, di qualunque gruppo si tratti, un gruppo politico, un gruppo di sport, una squadra di calcio, non importa quale sia, se questo gruppo ha delle norme e queste norme, queste regole, questa disciplina mi violenta, io devo mettere la libertà al primo posto. Per fare cosa? Lottando contro? No, ritirandomi. Ovviamente questo gruppo non mi serve. Questa società, questa scuola, questo liceo, questa facoltà, questo club non serve, perché le sue regole mi violentano. Così me ne tiro fuori e vado per la mia strada. Se facciamo questo, invece di voler battere la testa contro, riusciamo ad avere una vita davvero migliore. E naturalmente io rispetto chi la pensa diversamente. La mia opinione è che per difendere un punto di vista non abbiamo bisogno di combattere, gridare, insultare, aggredire, fare scandali. Bene. E’ un altro gruppo. Sempre che sia possibile, faccio in modo di starvi lontano.

Lei, per esempio, difende la disciplina, il rigore, l’uniforme, e questo insieme presuppone che l’individuo sia messo da parte. È corretto?
No, non lo è. Questo discorso presuppone che tutto ciò che hai detto è vero, dal momento in cui ciò non violenti l’individuo. Non può violare la sua libertà e deve essere ben fondato sulla tolleranza. Se riusciamo ad ottenere questo amalgama, che è alchemico, se riusciamo ad ottenere questo, dobbiamo trovare l’equilibrio lì sul filo del rasoio. Perché è davvero un equilibrio su un sentiero molto stretto. Una brezza ti fa cadere di lato, verso l’estremismo dell’intolleranza, della disciplina che deve essere soddisfatta a tutti i costi, o verso l’altro lato, quello della tolleranza eccessiva, del compiacimento con il fallimento.
La sua Cultura lavora, d’altra parte, sugli estremi. Dobbiamo lavorare su quello che sono le nostre difficoltà, i punti meno buoni, o i punti che sono più positivi?

Non so se la metterei in questo modo, perché, se ci poniamo così, in un certo senso, tendiamo a cristianizzare un poco questo concetto, esacerbando la nozione di bene e di male. E la nostra proposta è che dobbiamo sempre tenere a mente che il bene e il male sono sempre relativi. “Tu stai sbagliando.” Ma sbagliando in relazione a cosa? In relazione a quale momento? Richelieu ha detto una volta che essere o non essere un traditore è una questione di data. Allora è un po’ questo, a dispetto di giusto e sbagliato. In quale società, in quale religione questo è giusto o sbagliato? Si entra in una chiesa cattolica e ci si toglie il cappello in segno di rispetto. Poi entri in una sinagoga e lo metti, come un segno di rispetto. Ricordo che una volta siamo andati a visitare un tempio sikh in India, e ci hanno chiesto di coprire la testa. Persino la stessa fotocamera che usavamo per registrare il rituale, era coperta in segno di rispetto, era stato coperta con un panno bianco. Quindi tutto è convenzione. E dobbiamo essere consapevoli di questo ogni volta che ci lasciamo attrarre, o, infine, scivolare leggermente verso il lato della cultura che abbiamo ricevuto che è quella del bene e del male. “Questo è il suo lato oscuro.” “Questo è stato un errore”. Quanche volta, osservando da un’altra prospettiva, non è proprio così. Meglio dire: questo talvolta non è conveniente, in questo momento o in questo gruppo. Ma non che sia stato male, o che si sia sbagliato. E un altro Sútra dice che il male è il nome che si dà al seme del bene. Perché ciò che hai passato nella vita di “male”, si può osservare che, in seguito, (o già poco dopo) ha prodotto un ottimo risultato.

Realizzando la lucidità dell’individuo cosciente, dell’indiviuo lucido, nel viaggio per lo stato di iperlucidità, questo soggetto deve avere una visione di dove si sta incamminando. Perchè egli faccia una corsa di fondo, egli deve sapere, per auto-motivarsi, in quale direzione si sta dirigendo. La sua Cultura come fa ad impregnare di questo senso oggettivo?

Proviamo ad immaginare che si tratti di un bel viaggio che si sta facendo su un treno e che si sappia che il tragitto conduca ad un determinato punto d’arrivo. Ma guardi i bei paesaggi fuori, parli con un amico dentro lo scompartimento, vai verso la carrozza ristorante, ti delizi con un pranzetto, ti appoggi, dormi un po’. Ti piace. Godi il piacere del viaggio. E così, arrivi più rapidamente. Ma se l’individuo inizia a pensare: devo arrivare, la mia destinazione, la mia destinazione, la mia destinazione.” Il viaggio diventa sgradevole e sembra più lungo. Così, per quanto riguarda il nostro obiettivo, la raccomandazione è: non ti preoccupare della meta. Godiamo della comunità, delle persone. Le persone che di solito seguono questo sistema, sono persone interessanti, sono persone belle, dentro e fuori, sono persone educate, sono persone sensibili, persone che non hanno problemi a conversare con qualsiasi interlocutore.

Intanto, quando prendiamo, per esempio, una società conservatrice, che immaginiamo, per esempio, sostenga che la donna debba avere un ruolo nella società, cioè vivere per suo marito, per i figli, per l’apparenza, la stato di lucidità le permette di superare questa barriera? La società conservatrice non rende difficile il raggiungimento di questa lucidità?

No, perché noi non critichiamo questa posizione tradizionale in molte società nel mondo d’oggi. Ed inoltre la Nostra Filosofia non ha nessuna intenzione di catechizzare, non è una cosa che si vuole espandere o raccogliere seguaci di altri sistemi filosofici, tanto meno religiosi. Per questo motivo non abbiamo mai ricevuto una reazione negativa, non c’è mai stata una opposizione a questa proposta.

Ma si può avere nel corredo delle cellule familiari. Per esempio, se io sono inconsapevole di una luce particolare, mi sento perso nel mio corridoio, nel mio tunnel di tenebre e, improvvisamente, appare una luce alla fine di questo corridoio, che può essere, ad esempio, la Sua Proposta, e improvvisamente mi metto a camminare con un altro spirito in quella direzione. E se il tunnel d’ombra è stato creato dalla struttura conservatrice che la società ha creato intorno a me, io divento un ribelle. Almeno cammino in una direzione opposta. Questa scissione non crea anticorpi?
Quando in una coppia, in una struttura familiare, una dei due coniugi adotta questa filosofia e l’altro no, qualche volta si può generare un momento di difficoltà nella comunicazione, come se uno dei due adottasse un partito politico, in contrasto con quello dell’altro coniuge, o una squadra di calcio opposta a quella dell’altro. Questo può generare un attrito momentaneo, nel caso in cui non ci sia un attitudine di comprensione, affetto e rispetto. Se ti sei evoluto, se hai adottato una filosofia che ha una pretesa di una evoluzione maggiore, una civiltà superiore, una lucidità maggiore, che cosa c’è di sbagliato in te. Perché due si sposano con una determinata visione che uno aveva dell’altro e ad ognuno piaceva quello che l’altro era. Si sono create delle regole e tu hai cambiato le regole del gioco, a metà del gioco. Chi ha torto non è il coniuge, che reagisce male. Allora è necessario avere più pazienza, avere più tolleranza, devi cercare di farlo evolvere, senza forzature. Talvolta può servire incentivare l’altro ad adottare lo stesso stile di vita attraverso l’esempio, con il modo di agire, dimostrando che oggi sei una persona molto migliore per lui o lei.
E se l’altra persona preferisce vivere con un altro tipo di riferimenti? Per esempio, preferisce vivere per l’apparenza e non per il contenuto della torta?
Accade raramente.Quello che abbiamo potuto osservare è che, se avviene il processo che ho menzionato, di tolleranza, di pazienza e di affetto, accattivando l’altra persona invece di penalizzarla per la sua posizione, generalmente, il coniuge accompagna. Perché gli piace quello che sta vedendo. Che sia il marito, o la moglie, avverte che l’altro è migliorato. E’ migliorato come padre o madre, è migliorato come marito o moglie, è migliorato come amante, è migliorato come compagno, come amico. Così, in generale, lui o lei finisce con l’accettare di buon grado e con l’adottare la stessa filosofia di vita.
Nel libro “Incontro con il Maestro”, il giovane De Rose incontra il De Rose già maturo, già cosciente. Cosa direbbe oggi il Maestro già cosciente al giovane De Rose? Sarebbero le stesse cose che ha detto nel libro?
Comporterebbe la stessa corrispondenza che ho esposto nel libro, perché lì vi era l’autore cinquattottenne che conversava con sé stesso diciottenne. Era una finzione in cui De Rose diciottenne appariva nella vita del De Rose cinquattottenne. E allora lui non è d’accordo, discute, controbatte. Egli dice: ma non può essere così, io non sono d’accordo con questo, questo non può essere. E il dialogo tra i due, tra il giovane idealista di 18 anni e l’uomo vissuto di 58, pretende di dare al lettore un equilibrio tra i due punti di vista, perché molti dei nostri lettori hanno 18, 20, 25, 30 anni, e molti altri, 58, 60, 70, 80 anni. Sono due universi completamente diversi, e il libro cerca di sposare questi due universi, dimostrando che entrambi sono corretti, e che molto dipende da una questione di prospettiva.
I due si equilibrano? Sono la stessa cosa? Ci sono due visioni della stessa cosa? O uno è un evoluzione dell’altro?

Direi che, in realtà, entrambi hanno i loro pregiudizi, i loro preconcetti. Entrambi cercano di discriminare e di non discriminare. Entrambi cercano di non avere preconcetti, il più anziano impara dal più giovane e il più giovane impara dal più anziano.

Noi tendiamo a guadagnare nella differenza. Di solito la gente si comporta molto male con ciò che è differente, si difende, respinge, opprime, reprime, piuttosto che arricchirsi nella differenza.

Queste differenze sono molto importanti. Se tutti i miei amici mi facessero elogi, io sarei circondato da adulatori, come alcuni regnanti in passato e alcuni impresari oggi. Che cosa mi insegna questa cosa? Se io stessi sbagliando e tutti mi dicessero che sto facendo giusto, questo non mi aiuterebbe a niente. Ma in quanto ai miei critici di turno, io non ho il tempo di commettere errori e loro già puntano il dito contro di me. Così, chi mi sta aiutando di più? Chi mi aiuta di più è chi si ritiene un nemico, ma in realtà è più efficiente dei miei amici nel promuovere la mia crescita, perché mi mostra il lato oscuro di ciò che io sto facendo o sto per fare. Egli mi fa notare l’errore e io posso correggerlo. Io ho sempre comparato l’amico e il nemico ad un albero, dove le radici che sono nella terra, che crescono verso il basso, sono i nemici, perché sono in ombra, ma senza le quali l’albero non può stare in piedi. L’albero ha bisogno di radici, e i nemici sono le radici. E gli amici sono i fiori, sono i bei frutti, meravigliosi, ma senza le radici, non potrebbero esistere.

Lei, in questo libro che è appena stato lanciato a Lisbona dà loro un esempio persino nella dedica del libro, perché non è dedicato solo alle persone che lei ammira per la luce. Può dirci qualcosa su questo?
Ci sono persone che, a volte, per diffamare, o perché non conoscono bene l’altro lato, l’altra verità, attaccano, calunniano, aggrediscono, offendono, escludono. Ti puoi considerare un perseguitato, ti puoi considerare una persona infelice, puoi essere risentito. Oppure puoi percepire, in una visione più ampia, che quello lì è stato estremamente importante e si può essere grati a quella persona. Ma con sincerità. Non serve essere grati con l’ipocrisia. Ovviamente, deve essere qualcosa di autentico.
Il cristianesimo divenne noto solo perché è stato perseguitato, altriementi sarebbe stata una piccola setta ebraica destinata a scomparire subito dopo. Ma la persecuzione diede la visibilità e da lì persone che concordavano con quel punto di vista poterono conoscerlo, rafforzare le sue fila e fare in modo che si perpetuasse.
Questo non è ciò che la Sua Cultura, mi sembra di aver capito, descrive come ahimsá? Non è scambiare il fiele per il miele, è qualcosa di molto più profondo?
La nostra Cultura propone un concetto di non-aggressione attiva e mai passiva. Se hai la maturità e l’autostima, sei in grado di capire che una certa persona è aggressiva perché ha paura. Una persona è aggressiva quando teme.
Se entrasse qui Jaya, che è la mia weimaraner, un cane di grossa taglia, dimenando la coda, noi diremmo, “che bella, vieni qui, vorrei farti una carezza.” Ma se entrasse, ringhiando, mostrando i denti, tu diresti “porta questo animale via da qui , altrimenti gli lancio una pietra.” Perché diventi aggressivo? Diventi aggressivo perché hai paura. Ed è così in tutte le situazioni. Se si presta attenzione, analizzando in modo imparziale, si noterà che tutti i momenti in cui una persona è aggressiva è perché ha avuto paura, si è sentita minacciata, si è messa sulla difensiva. Alcune persone sono continuamente in questo stato perché si sentono sempre minacciate.
Se qualcuno è stato aggressivo con te, è possibile che tu possa avere una reazione immatura, che è questa: sei stato aggressivo con me, io ti restituisco l’aggressione. O tu potresti avere una reazione ponderata, una reazione di una persona che ha stima di sé ed è maturo. Sei stato aggressivo con me, ho capito che ti sei sentito attaccato da me, ma io non avevo intenzione di aggredirti; ti sei sentito minacciato da me, ma io non intendevo minacciarti; forse puoi aver avuto una brutta giornata, forse potrebbe essere un matrimonio mal riuscito, non so, forse hai difficoltà, problemi nella tua vita. E io divento più aggressivo? Questo non mi aiuterà. Non aiuterà il nostro rapporto. Sia esso un rapporto d’affari o un rapporto di amicizia, non importa quale. Restituire l’aggressione è come combattere l’odio con più odio. Come tentare di combattere il fuoco con la benzina. Ma questo non aiuta.
Mi è piaciuta molto la sua frase, che è: scambiare fiele con miele. È interessante, perché è più o meno questo. Ad esempio, se una persona ti aggredisce e tu le restituisci un sorriso, perché una persona lo percepisce nello sguardo, nell’espressione facciale, il cinismo è rilevabile, istintivamente, da qualsiasi persona, se davvero gli offri un viso rilassato, un sorriso sincero, quella aggressività si riduce. Si riduce drasticamente.
Mi ricordo di una situazione in cui c’è stato un incontro di due linee filosofiche di nomi quasi identici, ma che erano antagoniste e proprio per questo erano antagoniste, perché quanto più simili sono, tanto più sono discordanti.
In questo incontro tra le due filosofie, vedo una signora, un insegnante di un’altra linea che cammina verso di me con il dito puntato, dicendo : “DeRose, tu questo, tu quello!” E cominciò ad insultarmi a voce alta, con la chiara intenzione di farsi udire da tutti. Immagini la scena Kafkiana: una professoressa di una filosofia che predica l’equilibrio, la non-aggressione e l’autocontrollo che insultava e aggrediva un altro professore, solo perché appartenente ad una linea differente.
E tutti si fermarono per vedere quale sarebbe stata la mia reazione. “Dopo tutto può essere che quello che dice sia una menzogna? Come reagirà? Dirà qualcosa di buono a questa signora? Urlerà con essa? Forse l’aggredirà? Le volterà le spalle e se ne andrà come un maleducato? O resterà ad ascoltare, lasciando che quella urli, parli, parli, parli, insulti, insulti, insulti? Quale sarà la reazione?

La reazione fu questa: presi la vecchietta, l’abbracciai, e quando la lasciai andare, lei non aveva più alcuna aggressività, non aveva alcun insulto da dire. Quando la lasciai andare, lei mi guardò e disse: “Oh De Rose, è vero?” Subito, ho scambiato il fiele con il miele dell’abbraccio, senza dare l’altra guancia, senza restare solo passivamente ad ascoltare i suoi attacchi, e senza restituire l’aggressione che, alla fine, non avrebbe aggiunto nulla al mio rapporto con lei, nè avrebbe aiutato la mia immagine con gli altri che stavano a guardare. E neanche avrebbe aiutato me stesso, perché quella notte non avrei dormito così bene.

Questo è il comportamento che assume l’individuo che la Sua Cultura, il Metodo De Rose, vuole scolpire, del tale individuo lucido, che percepisce come chi vede un film che gli sta accadendo intorno, e reagisce in modo attivo, consapevole e lucido, e non in una forma primaria.
Esattamente. Portiamo questo nella realtà di una coppia, di un matrimonio, e infine, in qualsiasi relazione affettiva. In una coppia, entrambi sanno esattamente qual è l’espressione del viso, qual è il tono di voce e qual è la frase che irrita l’altro. Lo sanno benissimo, perché vivono insieme. E in un conflitto di coppia, se l’uno ha detto quella parola o ha fatto quella faccia, l’altro sa esattamente qual è l’espressione, qual è il tono e qual è la parola che gli piacerà, che potrà alleggerire quella situazione. Ma perché non la dice? “Perché non voglio piegarmi, non voglio cedere, altrimenti vince lui/lei”.
Quindi dipende dal suo atteggiamento, nel dire questa parola per interrompere il conflitto coniugale che sorgerà da lì. E poi stabilire dei limiti. Se questa relazione può essere mantenuta, deve essere mantenuta con rispetto, con considerazione, con affetto, con amicizia. Se non può essere mantenuta, è un peccato. Perché ogni rapporto che si rompe ha un costo emotivo troppo caro, un costo troppo elevato per la salute. Ma pazienza. Vi è un momento magico in cui i rapporti necessitano di essere terminati, perché poi si finisce come amici. E se si supera il momento magico, e le persone insistono nel restare insieme, talvolta nel momento in cui si cambia lo status quo, si finisce come nemici, con risentimento.
Così, a volte è solo una questione di “oggi cedo io e domani sarà l’altro a cedere”. Perché c’è una reciprocità naturale negli esseri umani. Se si ha un atteggiamento cavalleresco, un atteggiamento nobile verso una persona, sia che si sia intimi, sia che si tratti di un fratello, o di un coniuge, la tendenza è che l’altra persona reagirà in un modo simile in una circostanza immediata o futura.
Una volta, io ero in una macchina con un mio amico che era alla guida e che guidava molto male. Fece un’ inversione pessima e un altro automobilista quasi finì contro la sua auto. Allora si sporse dal finestrino e già stava per urlare qualche insulto. Questo mio amico gli sorrise simpaticamente, come per dire: scusami, ho sbagliato. L’altro automobilista rimise la testa dentro e disse: Va ‘, figlio mio, vai! E non litigarono. Che cosa evitò lo scontro? Fu solo un sorriso.
L’importanza dell’individuo più consapevole, più lucido, più attivo a tutti i livelli. E’ questo che la Sua Cultura vuole rilanciare all’interno della società?
Proprio così. Perché la tendenza è quella di mettere una etichetta su tale Cultura. Io preferisco chiamarla la Nostra Cultura o il Nostro Sistema, la Nostra Filosofia, evitando di dargli un’etichetta. Perché? Perché nel momento in cui la gente mette le etichette, questa ingessa la cosa. E da qui iniziano tutte le intolleranze, proprio da parte di chi ne sta fuori. E una delle confusioni che cerco di correggere, una delle visioni distorte, è che una persona pratica il Metodo nella sala di lezione in cui lo apprende. Ma lì c’è da imparare, non da praticare. Bisogna metterlo in pratica nella vita reale.
Ad esempio, se dentro l’aula di pratica noi insegnamo a respirare correttamente, nel momento in cui la persona esce fuori da quella porta, non deve uscire respirando in modo sbagliato. Nel caso contrario, non progredirà. Egli ha imparato a respirare correttamente nella lezione, adesso deve uscire respirando correttamente e camminare fino alla sua auto respirando correttamente, sedersi e guidare la macchina, respirando correttamente. Arriva alla sua scrivania per lavorare o arriva in palestra per praticare sport, continuando a respirare correttamente. Inizia a respirare correttamente, in una forma più efficiente, sempre, perché è quello che ha imparato qui. Ho usato la respirazione come esempio, potrei utilizzare qualsiasi altra tecnica per esemplificare. Questo insieme di tecniche e nozioni che egli apprende nella nostra istituzione, egli uscendo le deve applicare in tutte le situazioni della vita. Questo è ciò che noi cerchiamo di spiegare, cerchiamo di esporre. Che egli inizi a trasmettere questo, egli inizi ad irradiare questo a tutta la società, perché egli coinvolga la sua famiglia, egli coinvolga i suoi amici, egli diffonda questo tra i suoi colleghi di lavoro. Quindi questo crea onde d’urto e quella persona va a contagiare, in un modo positivo, tutte le persone che entrano in contatto con il nostro praticante.
Se Carl Sagan diceva che la società corrompe l’individuo, questo effetto contagiante può e deve funzionare, come lei vuole che funzioni , anche in senso contrario?

Sappiamo che la società influenza l’individuo. Ma anche l’individuo influenza la società.

Se lei scrivesse adesso non “Mi ricordo”, ma “Io sogno”, quale sogno scriverebbe?

In effetti, nel libro “Mi ricordo” non ho potuto aggiungere nulla, perché quel libro mi ha lasciato uno strappo. Alle sette di sera cominciai a scrivere. Alle sette del mattino sono andato a riposarmi. Ed ecco, era terminato.

E ne “Io Sogno”, che cosa è contenuto?

Non lo so. Ci sono molte cose! Io ho molti sogni.

Ma ciò che vede è certo. Noi sogniamo che i nostri figli crescano in un mondo che va in una certa direzione. E noi abbiamo fissato questa direzione. Lei non ha “ipotecato”, non ha investito 50 anni di ricerca, ricerca di conoscenza, senza sentire dentro dove è che voleva arrivare? Dove è che vuole arrivare?

Vorrei arrivare ad un punto in cui le persone, minimamente, ascoltassero quello che abbiamo da dire. Che ci permettessero di parlare. E non ci mettessero la museruola. Noi abbiamo da dire cose molto buone, non proponendo un dibattito, ma proponendo una riflessione. Ciò che accade è che coloro che non amano il sistema, o pensano che a loro non piaccia, non ascoltano. Non parlano con me, non parlano con noi, non conoscono la Nostra gente, non hanno letto i nostri libri. Il mio sogno sarebbe poter tirare via questo bavaglio.
Io mi sento sotto quella punizione antica, punizione ecclesiastica, del silenzio ossequioso. “Ha detto quello che non doveva, non parlerà più.” Non vogliono che io parli. Ma lei può appurare che quello che dico non è polemico. Non ritengo sia polemico, perché noi non stiamo polemizzando, non siamo in disaccordo con gli altri. Non è aggressivo, non credo lo sia, non ho intenzione che lo diventi. Non voglio aggredire nessuno. E la proposta è buona, la proposta di buone relazioni umane, buone maniere, buona salute, buona qualità di vita, buona cultura, buone abitudini. Pertanto, producendo una gioventù sana, una gioventù lontana da droghe, alcol e fumo, se il nostro lavoro non servisse a nulla, almeno questo contributo dovrebbe essere riconosciuto. Contributo che il nostro lavoro è già mezzo secolo che fornisce alla società.
Per noi che visitiamo dall’esterno la Sua Cultura, facciamo un esercizio di flash. La sua visione o la sua missione dove mirano? Dov’è l’orizzonte che si configura per questo suo passaggio in questa vita?

Ho conosciuto persone molto interessanti, esempi reali di esseri umani. Persone con cui ho il privilegio di vivere. Alcuni hanno più di 30 anni, altri più di 20, altri che sto conoscendo ora, come nel suo caso, e per me è un privilegio. Questa nostra professione, questo nostro ideale, ci permette questo: incontrare persone. Noi non siamo head hunters, siamo heart hunters.

Traduzione dal portoghese a cura di Anna Contieri.