Maschio versus femmina

26 Giugno 2014 Off Di Carlo Mea

Irene

Testo di Irene Calvo Crespo, allieva del Metodo DeRose, estratto dal suo libro Roma I love you e altre storie
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MASCHIO VERSUS FEMMINA

MASCHIO
Sono seduto al bar dell’Auditorium, è sabato mattina e mi sto prendendo un caffè con calma, lo faccio sempre di sabato, non sopporto stare a casa. Mia moglie che deve sistemare la casa con la filippina, le ragazze che non vogliono fare i compiti, i litigi tra di loro… no! Vengo qui e mi rilasso col mio giornale e guardo la gente che passa.
Sono maschio, sono italiano e mi piacciono le donne. Mi piace guardarle, mi piace flirtare con loro, conquistarle e portarmele a letto dopo una dura battaglia, godo quando mi guadagno una preda difficile, diversa, ostile e bella. Faccio il politico e devo convincere: con le donne mi alleno.
Il fisico mi aiuta, sono atletico ma non naturalmente, il mio corpo è il risultato di tanto allenamento col mio personal trainer e della mia disciplina, non posso deludermi, non posso deludere, i capelli bianchi cominciano a spuntare ma hanno il loro fascino. La genetica ha fatto il resto, tutti alti in famiglia e nessun maschio calvo.
Mi sono sposato con la donna perfetta per la mia carriera: di buona famiglia, con i soldi, carina senza dare nell’occhio, per non essere desiderata da nessuno, e giovane da non essere stata distratta prima. Ci siamo sposati che lei non aveva compiuto ancora ventitré anni, non ha finito l’università perché l’ho fatta rimanere incinta subito, così non ha avuto pretese di lavoro; la seconda figlia dopo quindici mesi, così è stata abbastanza occupata per dimenticarsi per sempre della sua carriera. Meglio due femmine, con i maschi avrei avuto la presunzione di fargli fare successo in società, invece le figlie studieranno, sì, ma si sposeranno anche loro con due ricchi e faranno la bella vita come la madre.
Prima di sposarmi mi sono dedicato a me stesso, mi sono sistemato professionalmente vincendo un concorso pubblico di Magistrato, lì ho capito, nel giro di pochi anni, come cammina il treno della politica italiana, e, chiedendo un’aspettativa indefinita, sono salito sul treno, ovviamente in prima classe. Mi piace la vita che faccio, il potere che ho e il timore che incuto. Soldi, potere, riverenza… godo al solo pensiero. A casa mi rispettano, mia moglie ha la paura giusta per non chiedermi mai niente, non si è mai rivelata, devo dire che anche i suoi parenti hanno fatto un ottimo lavoro in fatto di educazione e rispetto.
Seduto con il mio caffè vedo arrivare una potenziale preda. È femmina, un po’ magra per me ma donna fatta, alta, gambe lunghe, jeans stretti, non riesco a vedere il sedere perché porta una giacca di cotone lunga di colore blu che lo copre; quello che mi fa morire è la camminata, passo deciso con i tacchi alti e il seno che dondola con sicurezza ad ogni passo che fa. Quel movimento del seno mi sconvolge e allora la guardo con l’occhio da cacciatore.
È arrivata da sola, col giornale in mano, vediamo che legge… Il Corriere della sera, perfetto! Una femminista di sinistra di prima mattina mi farebbe venire la nausea, quelle non smettono di parlare nemmeno quando scopano.
Si prende un cappuccino e un cornetto, bene! Non fa nessuna dieta, dunque non sarà noiosa e non fa colazione a casa, perciò sicuramente vive sola o in questo momento è sola, chissà, separata con figli quindi nel week-end da sola, o semplicemente single. Mi sembra sulla quarantina, per essere una separata con figli è molto attraente. Potrebbe anche avere un compagno o un marito, questa idea mi fa godere di più, lascio che la mia immaginazione voli tra incontri segreti, viaggi nascosti e appuntamenti in albergo: un brivido attraversa il mio corpo.
“Dai prenditela con comodo e siediti a leggere il giornale” penso io con l’acquolina in bocca.
Vedo da lontano che fa una battuta al cameriere che ride, brava! Abbiamo il bonus simpatia che non guasta mai. Si siede a un tavolo vicino al mio ma non mi nota ancora. La vedo che sorride ma a nessuno in particolare, e questo fatto mi incuriosisce ancora di più. Appoggia la piccola borsa sul tavolo e mentre gira il cappuccino comincia a leggere la prima pagina del giornale: è elegante ma con poco, l’eleganza ce l’ha come materia prima, come qualcosa che non si compra ma che si eredita, portamento naturale, con una semplice maglietta di cotone a righe blu come quelle dei bambini, un foulard con i teschi a colori fluorescenti. Si è appena tolta gli occhiali e quando si gira per metterli nella borsetta incontra il mio sguardo, mi sorride ma senza interesse, è un sorriso educato, solo di cortesia.
Io sono colto all’improvviso, mi ero lasciato andare con lo sguardo, percorrendo il suo corpo e il suo modo di fare. Mi rammarico per il mio comportamento da dilettante. Aspetto in silenzio e immagino, come un leone dietro al cespuglio che osserva la sua gazzella. Ma devo cominciare ad elaborare una strategia, il mio intuito mi dice che non aspetta nessuno, non è truccata, solo un rossetto rosa scuro… è bellissima anche così. Sta per chiudere il giornale quando, senza riflettere, mi lancio all’attacco e chiedo:
«Potrei dare un’occhiata al suo giornale?» dico muovendo il braccio e lasciando cadere a terra il mio giornale. Forse la “gazzella” non se n’è accorta.
«Certo» mi risponde lei «solo che ho strappato una pagina che mi interessava…». La sua voce è bassa e vedo che arrossisce un po’.
«Se è sulle tasse e vuole fare un falò ha il mio placet» rispondo.
Sorride con educazione, mi porge il giornale e prende in mano la rivista omaggio allegata al giornale e continua con la lettura.
Torno dietro al cespuglio più affamato che mai e, imbarazzato dalla battuta infame che ho appena fatto, immagino di dare capocciate contro il muro e vado subito a vedere che pagina ha strappato la mia preda che ormai galoppa in lontananza.
Per fortuna non ha tolto tutta la pagina ma un pezzo della notizia ovvero gli orari e i contatti della mostra su Frida Kahlo che si terrà alle Scuderie del Quirinale.
“Sei nel mio territorio” penso e subito invio un messaggio al mio assistente chiedendo informazioni sulla mostra e gli inviti per l’inaugurazione. Concludo il messaggio scrivendo: voglio una risposta entro tre minuti.
La risposta arriva dopo due minuti e quaranta secondi con un allegato dove trovo gli inviti. Mi piaccio, ottengo tutto quello che voglio, ho una squadra perfetta intorno a me. E te. Cara gazzella, sarai anche mia. Ti do tutto il tempo che vuoi, so aspettare quando il premio merita, nel frattempo, e per essere sempre in allenamento, troverò qualche diversivo, caccia minore, per passare il tempo.
Adesso sono me stesso nell’assoluto convincimento di essere un grande seduttore, conscio del mio potere, pronto all’attacco, e a vincere. Mi alzo con il giornale in mano e vado dalla mia preda con una strategia ben definita nella testa.
Io penso: sei mia.

FEMMINA
È una giornata di sole, ancora d’inverno, ma con temperature miti, è sabato, è perfetto. Ho dormito bene e finalmente tanto, dunque mi regalo un cappuccino e la lettura di un giornale (il primo della settimana) in santa pace, penso di mandare un messaggio ed invitare qualcuno al mio caffè preferito, poi decido di stare con me stessa un po’ di tempo, in silenzio.
La giornata è meravigliosa e mi sono vestita sportiva ma col tacco che tanta sicurezza mi dà, decisione accertata e condivisa dalla mandria di poliziotti che, uscendo dall’accademia, mi salutano come se mi conoscessero da una vita e complimentandosi con la scelta del mio abbigliamento. Sono femmina e mi piace essere apprezzata, mi attraggono gli uomini e sono sempre pronta a giocare, gioco tutti gli sport, gioco tutte le partite, gioco e vinco.
Vado all’Auditorium, il terrazzo al sole mi seduce. Scherzo col cameriere che, indovinando la mia origine dal mio accento, si lamenta per l’ennesima sconfitta sofferta dalla squadra azzurra contro quella del mio paese dicendo: «La rossa è sempre la rossa» facendo allusione anche al colore dei miei capelli.
Mi giro per cercare un posto dove andare e mi siedo davanti all’uomo che mi sta “sorvegliando” da quando sono entrata, pensa che non mi sia accorta ma io l’odore di cacciatore lo riconosco a distanza. Mi ha puntato da quando sono entrata, io ho fatto finta di non notarlo, non è il mio tipo, siamo in contrapposizione, due dominanti si respingono. Io l’ho capito, lui no. Lui mi crede e mi vorrebbe indifesa, vulnerabile, ma interessante, e soprattutto una porca a letto.
Così comincio a immaginare la sua vita dal suo atteggiamento e da come è vestito: classico, i suoi toni sono blu e grigio, pantalone con la piega davanti e scarpe Hogan con i lacci, intravedo solo il collo e i pugni della camicia bianca ma scommetto che ha le iniziali cucite sul lato sinistro. Quaranta e passa, quasi vicino alla cinquantina, ha cura del suo corpo, ma non è palestrato.
È sicuramente sposato, anche se non porta la fede, avrà prole e una moglie depressa, stanca di corna e sottomessa, a casa o in giro per la città per portare i ragazzi alle diverse attività extrascolastiche del fine settimana, da manuale, un’autentica noia. Avrò cancellato un milione di uomini come lui dalla mia rubrica. È troppo pieno di sé, orgoglioso del suo potere e a caccia di prede difficili.
“Ok bello, sto al gioco” penso, sono riposata e in cerca di qualche stimolo, sono libera questi giorni e pronta a giocare.
Torno alle pagine del mio giornale e preparo la mia trappola come un’autentica professionista, arrivo alle pagine di cultura e strappo il pezzo che parla della mostra che vorrei visitare la settimana prossima, sicura delle mosse che avrebbe compiuto il cacciatore.
Non passano neanche cinque minuti che il predatore butta per terra il suo giornale e mi chiede gentilmente il mio. Che banale caro, sei bocciato in partenza. Abbocca alla grande e va subito alla pagina che ho strappato, nel frattempo mando un messaggio a un’amica invitandola all’inaugurazione della mostra. Continuo con la lettura e con il cappuccino che ormai è freddo, non so se farlo impaurire e far finta di andarmene, ma decido di essere una creatura buona e di godermi un po’ di più il sole di questa meravigliosa mattinata di caccia. Con la coda dell’occhio lo vedo che si avvicina con passo deciso, pieno di sé, pensa che la partita è già vinta.
Io penso: sei mio.